Amo la serie The Elder Scrolls. anche se non sono una giocatrice della prima ora. Me ne sono innamorata quando, un bel po’ di anni fa, misi le mani su The Elder Scrolls III: Morrowind, rigorosamente su PC e rigorosamente in inglese, oltre che rigorosamente severo rispetto ai canoni che la serie avrebbe adottato in seguito.
Il grande, vero amore è però scoccato, curiosamente, con The Elder Scrolls IV: Oblivion. Dico curiosamente perché sono tanti a ritenerlo invece un’uscita “debole” rispetto alle altre, io adorai l’unicità dei suoi scenari e l’impatto forte che riuscivi ad avere, tangibilmente, nel mondo di gioco. Ma di questo parleremo in un articolo a parte.
Ho avuto un rapporto diverso con The Elder Scrolls V: Skyrim, di cui riconosco la grande e l’open world ricchissimo, ma che ho faticato in qualche modo a finire. Ed ecco perché, nell’insieme, da The Elder Scrolls VI mi aspetto non tanto, ma tantissimo.
Potrei riassumere in cinque punti le cose che, per me, non possono assolutamente mancare al prossimo kolossal di Bethesda, che secondo Pachter potrebbe arrivare già quest’anno ma che, sentendo Todd Howard e compagni, dista ancora un bel po’ e, chi lo sa, potrebbe anche slittare sulla prossima generazione.
1. Non concentratelo su una regione
So che probabilmente non sarà così, ma è molto affascinante il modo in cui The Elder Scrolls Online concede al giocatore di muoversi in regioni diverse del continente di Tamriel. Una scelta in contrasto con gli episodi single player, che concentravano recentemente il mondo di gioco in una singola provincia: quella di Morrowind, quella di Cyrodill, quella di Skyrim.
Come potrebbe essere The Elder Scrolls VI se Bethesda riuscisse a consegnarci un mondo di gioco capace di spaziare in più aree, magari attigue, del continente? Cosa può imparare dagli open world straordinari che ci hanno offerto The Legend of Zelda: Breath of the Wild e Red Dead Redemption 2, che hanno costruito i loro universi badando anche alla straordinaria diversità delle regioni proposte?
2. Quest secondarie più ricche
Ho sempre giocato con piacere le quest secondarie di The Elder Scrolls, poi sono andata a sbattere su The Witcher 3. La preghiera è semplice: prendetelo a modello. Ci sono delle quest spalla molto affascinanti, ad esempio in Oblivion: ricordo interessanti casi in cui si finiva dentro un quadro dipinto, altri in cui addirittura si giocava nella dimensione onirica di un personaggio.
Bethesda ha ampiamente dimostrato di sapere creare quest secondarie interessanti, quindi il desiderio è più legittimo e motivato che mai: un The Elder Scrolls VI che sappia far vivere delle piccole grandi storie, anche quando ci si allontana dalla campagna, limitando le fetch quest in favore di esperienze più votate all’immersione nel mondo di gioco.
3. Fatemi fare la differenza
C’è una cosa che non ho mandato giù, in Skyrim: non ho mai sentito di fare davvero la differenza. Al termine delle vicende, dopo aver salvato il mondo (diciamo le cose come stanno, su), le persone ti ignorano. Rimani il signor nessuno con il dono della Voce che eri prima. Ricordo l’amaro in bocca dopo aver notato questa cosa, fondamentalmente perché in Oblivion non era così.
Nell’episodio precedente, sentivi di avere un impatto tangibile nel mondo di gioco, complice anche il sistema di titoli favorito dal gameplay: in un’apposita schermata, potevi accumulare le tue onorificenze e le persone ti riconoscevano in base a queste ultime. Vi ricordate il vostro fan fuori dall’arena della Città Imperiale che si strappava i capelli, vedendovi, urlando “il grande Campione dell’Arena!”? Avveniva lo stesso, anche e soprattutto, con la storia: sconfitta la minaccia dei cancelli di Oblivion, gli abitanti di Cyrodill ti erano riconoscenti e molti ti salutavano come “il grande campione di Cyrodill”, il titolo che ti veniva concesso dall’Impero come riconoscimento.
Spero che The Elder Scrolls VI sappia fare questo, a prescindere dai titoli o no: far reagire realmente le persone in base all’impatto che hai nel mondo di gioco. Gli NPC sono tanto più credibili, e l’open world tanto più immersivo, quanto più si comportano in modo umano. Bethesda lo sa e sarebbe bellissimo se ne facesse ancora tesoro.
4. Una rinfrescata grafica
Dopo tanti anni di The Elder Scrolls e Fallout, non è eretico chiedere un rinnovato comparto grafico per TES VI. Creation Engine, che di recente abbiamo visto anche in Fallout 76, inizia a dare un po’ i segni dell’età e se davvero il prossimo episodio della serie fantasy ambientata a Tamriel arrivasse addirittura sulla next-gen, allora difficilmente Bethesda potrebbe rimanere sorda alle richieste che i fan avevano già avanzato in vista del debutto online, poi rivelatosi più controverso che mai, di Fallout.
5. La colonna sonora di Jeremy Soule
Toccate qualsiasi cosa, ma non toglieteci Jeremy Soule. Il compositore che ha dato vita ai brani più leggendari della saga è oramai diventato un marchio di fabbrica di The Elder Scrolls e sarebbe impossibile immaginare un nuovo episodio senza le atmosfere che le sue melodie, insieme agli artisti di Bethesda, sono in grado di creare.
Toglieteci tutto, ma non il talento del pluripremiato Soule!