As Dusk Falls è un videogioco che mette proprio la narrativa al centro di tutto. Gli sviluppatori, composti in larga parte da ex Quantic Dream, hanno puntato sul raccontare una storia che permettesse al giocatore di assistervi, proprio un po’ come succede in Heavy Rain e con interazioni ancora più limitate. L’interazione, invece, passa per le opzioni di dialogo, le possibilità di scelta e i QTE che di tanto in tanto si fanno avanti su schermo.
Ma questa tipologia di impostazione ludica e narrativa, oggi che anche i videogiochi dove l’interazione fa la parte del leone hanno imparato a raccontare in modo forte con il gameplay, può ancora funzionare? Sì e no, perché As Dusk Falls fa bene un po’ di cose soprattutto quando inizia. Purtroppo, però, si perde malamente per strada in un nodo di ingenuità e non detti.
Premessa narrativa
Le vicende sono divise in due volumi, il primo e il secondo libro, da tre atti ciascuno. Nel primo, vengono gettate tutte le basi per la storia e indubbiamente As Dusk Falls dà il meglio di sé: vediamo intrecciarsi le vicende di due famiglie, una che sta cambiando casa e una che sta compiendo un crimine, in un susseguirsi di eventi ad alto tasso di tensione.
In un certo senso, per entrambi si segue il canone tipico del viaggio dell’eroe, per cui la storia inizia con un evento di rottura. Per la prima famiglia, il trasloco era già un evento di rottura, ma dobbiamo vederlo come la sua nuova quotidianità, che viene interrotta dal crimine commesso dall’altra famiglia.
L’altra famiglia, invece, ha rotto la sua quotidianità da prima dell’inizio del gioco e la vediamo agire con un cambiamento già in medias res. Quando le due linee narrative si intrecciano e i ritmi rimangono serrati, il gioco effettivamente funziona e scorre via in modo piuttosto piacevole, lasciandovi addosso la voglia di scoprire cosa succederà passo passo.
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Esecuzione e messaggio
Purtroppo, è l’esecuzione a non tenere botta nel lungo corso del gioco. Prima di tutto, As Dusk Falls vuole raccontare su linee temporali diverse: questo significa che se mi proponi dei flashback in cui devo prendere delle decisioni, io so già dalla linea temporale del presente che, qualsiasi cosa decida, non avrà un grosso impatto. Se il gioco vi chiede di lasciare o no il vostro partner, ad esempio, la decisione è un’illusione, se sapete che nel presente state ancora insieme.
Questa ingenuità si mantiene tale per tutto il corso del gioco, che prosegue tra diverse linee temporali lasciando già capire da quelle antecedenti che qualsiasi cosa decidiate di fare, non avrete l’impatto che potreste sperare. E, in un gioco dove il gameplay passa proprio per il prendere delle decisioni e modificare la storia, questo è un problema narrativo piuttosto pesante.
Non fraintendetemi: ci sono, ovviamente, le diramazioni date dalle vostre decisioni, come succede proprio nei giochi di Quantic Dream. Tuttavia, è anche vero che avrete la sensazione che siano limitate, che in alcuni casi il gioco semplicemente le bypassi, e che facciate prima una cosa o l’altra l’esito si sposti di pochissimo.
Inoltre, alcune decisioni sono proposte senza che si abbia un contesto di grigi tra cui decidere: se fidarvi o no di una persona di cui non sapete niente, se mettervi in vista mentre siete in fuga con la polizia alle calcagna sono decisioni insipide, se non vengono inserite in un contesto dove il giocatore si sente effettivamente combattuto nel propendere per l’una o per l’altra.
A questo sommiamo alcuni problemi di focus molto palesi nel secondo libro, dove la storia del gioco si perde letteralmente per strada, iniziando a saltellare per punti di vista diversi di cui poco vi importerà, facendovi controllare personaggi con cui non avete costruito nessuno tipo di rapporto e dando la sensazione, molto difficile da scacciare, che gli sviluppatori cercassero più di allungare il brodo che altro.
Anche la comunicazione del messaggio, come il secondo libro, è così così: ci sono diversi spunti interessanti sull’importanza di saper lasciar andare e di essere se stessi a prescindere dalle aspettative e dal contesto, ma il tutto viene condito da una scelta sul finale, che non spoilero, che è francamente inspiegabile e dilettantesca da parte degli sceneggiatori.
Sembra quasi che nemmeno il gioco si prenda troppo sul serio nel passare dei messaggi, con il risultato che il messaggio figura annacquato da personaggi che si perdono quasi tutti per strada – con un’unica eccezione – e da ritmi gestiti in modo errato, portando così le decisioni del giocatore a venire banalizzate e a non dare il pathos che avrebbero potuto.
Conclusione
Se il primo libro del gioco tiene botta, concentrandosi su personaggi tratteggiati in modo interessante e su ritmi ben gestiti, seppur con l’ingenuità della timeline nel passato in cui le decisioni sono praticamente illusorie, il secondo risulta un minestrone senza capo né coda.
As Dusk Falls caratterizza bene alcuni personaggi e in modo monodimensionali altri, ma perde per strada alcuni dei primi, in favore di altri anonimi e in cui, a cose in corso, diventa difficile sentirsi proiettati. Aggiunge dei nodi all’intreccio senza essere in grado di scioglierli e risulta, quindi, un’esperienza interessante se pensiamo che perlomeno inizia carne e finisce carne – al contrario di molte opere di Quantic Dream – ma niente di più.
Le ingenuità di scrittura e il modo in cui questa si perde per strada ne fanno un gioco coinvolgente fino a un certo punto, che prova a far riflettere sul peso delle radici e delle aspettative degli altri nelle nostre vite, ma che viene afflitto da un’esecuzione incapace di rimanere coerente fino alla fine e di dare al giocatore un senso di coesione verso il dimenticabile epilogo.
Può essere una buona base su cui riflettere per un futuro esperimento simile da parte degli autori, anche perché il tema del dramma familiare ha qualcosa da dire, ma a oggi ci sono molte cose migliorabili, per un gioco che fa dichiaratamente dello storytelling il suo cuore pulsante.
Penna assegnata: bronzo