Horizon: Forbidden West deve fare fronte a un compito molto complicato: essere il capitolo di mezzo di una trilogia. Questo significa, di solito, non poter avere la forza trascinante che dà il la a una storia, e contemporaneamente non poter avere quella fermezza in sede di epilogo tale da poter regalare qualcosa di indimenticabile.
È la condanna di chi sta in mezzo e deve più che altro portare avanti le vicende, senza chiuderle: allo stesso modo, l’ottimo Forbidden West si carica sulle spalle tutto quello che Aloy aveva imparato nel gioco originale, porta con sé il suo mondo in pericolo e fa da messaggero verso il futuro di Horizon.
Premessa narrativa
Forbidden West prende piede esattamente dopo l’epilogo di Zero Dawn e ci porta da subito nei panni di Aloy, che continua il suo viaggio e la missione cominciati nel gioco precedente. La nostra eroina deve trovare un modo di salvaguardare il pianeta e la vita così come lei la conosce da nuove insidie, dopo che mille anni prima la Terra era stata spazzata via insieme alla vita così come noi invece la conosciamo.
Questo fa sì che la chiamata all’avventura sia avvenuta, in realtà, già nel gioco precedente, e che la vita normale di Aloy che dovrebbe idealmente venire rotta da un evento sconvolgente già non esistesse più, quando il gioco prende piede.
C’è comunque un evento importante che la spinge ad avventurarsi nel Selvaggio Ovest, ma Forbidden West si veste più che mai dei panni del sequel e rende questo una tappa del viaggio di Aloy, non il grande viaggio di Aloy.
È una scelta sensata, da inquadrare come se Horizon fosse una saga fantasy costituita su più tomi.
Esecuzione e messaggio
Come era già stato nel caso del suo predecessore, Forbidden West racconta un mondo straordinariamente intrigante e delle vicende invece molto scolastiche che avrebbero necessitato di maggior piglio. L’intreccio in sé vissuto da Aloy, e soprattutto il conflitto al centro della vicenda, sono privi di sfumature e anche la deriva presa dalla narrazione in vista di un futuro terzo capitolo è in realtà prevedibile e scolastica.
A pesare su questo è soprattutto il rapporto con gli antagonisti della vicenda: se già nel primo gioco questi erano stati dimenticabili, qui abbiamo dei passi in avanti e una caratterizzazione migliore, ma una gestione dei ritmi piuttosto affrettata nella loro messa in scena e, soprattutto, una mancanza totale di sfumature.
Non dubiterete mai, davvero mai, di chi stia facendo la cosa giusta tra Aloy e i suoi avversari, e questo è un peccato perché costringe dei personaggi potenzialmente intriganti a ridursi a una monodimensionalità limitante.
Al di là di questo, Forbidden West lavora invece molto bene nell’evoluzione di Aloy e nel suo rapporto con i suoi alleati. Qui Guerrilla dà il meglio di sé tracciando profili diversi per ogni singolo personaggio – e con loro, per le singole tribù – riuscendo a raccontare vicende differenti ma vicine di cui Aloy è rispettosa testimone.
La nostra eroina, che non rifiuta mai la sua chiamata anche se ha momenti di dubbio in cui esita, via via nel suo viaggio scopre qualcosa su se stessa e soprattutto sul suo rapporto con gli altri. Il suo viaggio è soprattutto uno in cui deve imparare ad affidarsi all’aiuto degli altri, ed è raccontato in modo sensato e coinvolgente.
Oltretutto, ma ve lo raccontai già nella mia recensione completa del gioco su SpazioGames, Aloy ruba la scena: è un personaggio sfaccettato a tutto tondo, di cui per la prima volta ci vengono mostrate anche le debolezze e che è protagonista assoluta e faro (capita la battuta?) delle vicende di Forbidden West.
Aloy ruba la scena:
è un personaggio sfaccettato e a tutto tondo,
di cui vengono mostrate anche le debolezze.
A un conflitto migliorabile e a una grandiosa protagonista, Forbidden West affianca un mondo di gioco con tribù interessanti e tanti retroscena da scoprire sulle sue tradizioni e l’eterogeneità delle sue popolazioni. Questo, anche grazie alla scrittura delle quest secondarie, maestosa rispetto a quelle dimenticabili del primo videogioco.
Meno ispirato, ma non poteva essere altrimenti, rispetto a Zero Dawn l’intreccio con il mondo passato: ci sono ancora interessantissimi momenti da scoprire, ma ora che sappiamo già perché il mondo è ridotto com’è ridotto, i salti nel passato sono più che altro dedicati all’approfondimento di determinate figure chiave, alcune sensibilmente più riuscite di altre.
Per raccontare tutto questo, il gioco sposa ancora una volta un sistema fatto di cutscene e di sequenze di dialogo con possibili risposte multiple non mutuamente esclusive. Affronterete la storia con i vostri ritmi e in questi dialoghi si vede una più accurata rimediazione dalle inquadrature dialogiche del cinema, tra quarti corrispondenti e campi controcampi che rimpiazzano i vecchi primi piani statici che avevamo visto in Zero Dawn.
Conclusione
In definitiva, Horizon: Forbidden West racconta di un conflitto che esprime solo in parte il suo grande potenziale. Lo fa mettendo al centro della vicenda una protagonista di cui ci svela nuove sfaccettature, che impara qualcosa di nuovo su se stessa e i suoi alleati.
La storia la pone al centro di un mondo straordinariamente caratterizzato e curato fin nei minimi dettagli, dove il punto debole è rappresentato proprio da chi si frapporrà fra Aloy e il suo obiettivo finale. Il conflitto già non memorabile viene ulteriormente azzoppato dal fatto che i suoi ritmi siano piuttosto sbrigativi, dal momento che i “cattivoni” hanno poco screen time rispetto a quello che si ha la sensazione che avrebbero potuto dare.
Il risultato è quello di un gioco davvero godibile e dai personaggi memorabili, che soffre però dello stesso difetto di bianco o nero già visto all’interno di Zero Dawn. Il conflitto non sarà mai davvero il motivo trascinante per cui proseguirete nella storia, tenuta invece in piedi da una Aloy con cui si entra in straordinaria empatia e da un mondo, quello dell’Ovest Proibito, che dimostra la grande capacità di Guerrilla Games di creare una narrazione anche contestuale che ha qualcosa di magnetico.
Per il terzo episodio, la speranza è di avere non solo una grande lore e una grande protagonista, ma anche una grande vicenda che riesca a tenere botta fino alla fine, regalando anche in virtù del suo conflitto qualcosa da ricordare a lungo.
Penna assegnata: argento