È un periodo florido per IO Interactive. La software house danese, che sembrava sul punto di un possibile tracollo dopo il divorzio con Square Enix, ha avuto dalla sua tutte le caratteristiche che servivano non solo per sopravvivere, ma per mantenere in mano la sua IP più famosa, lanciare un (ottimo) nuovo episodio e continuare ad espandersi, come conferma la notizia dell’apertura di una nuova divisione in Svezia, a Malmö.
In questo articolo, voglio raccontarvi un po’ su IO, sui suoi sviluppi, le sue opere, le sue prospettive e i partner che l’hanno affiancata in tutti questi anni nella realizzazione dei videogiochi che i suoi fanno hanno imparato ad amare.
La nascita di IO e di Hitman: 1998
Era il 1997 quando qualcosa cominciò a muoversi concretamente per la nascita della software house: lo studio di sviluppo Reto-Moto siglò una partnership con la casa produttrice di film Nordisk Film. Fu proprio questo idillio a dare vita, il 16 settembre 1998, a IO Interactive.
La prima idea di gioco su cui lavorò la neonata software house fu un MMO (che doveva chiamarsi Rex Dominus), ma Nordisk Film suggerì di concentrare gli sforzi su qualcosa che potesse risultare più semplice, come uno shooter, favorendo tempi di sviluppo più brevi.
Non avendo la possibilità di acquistare i dev-kit per sviluppare su console all’epoca, IO Interactive concentrò i suoi sforzi su un videogioco per PC e sulla realizzazione dell’engine proprietario per i suoi titoli, Glacier Engine, che portò a un grande passo in avanti nella cosiddetta “fisica ragdoll” per il calcolo di movimenti realistici del corpo umano – anche da morto.
Proprio per le sue animazioni che puntavano ad innovare e per il concetto di gioco che voleva consentire al giocatore di uccidere, ma in modo tutto suo, il progetto venne notato da Eidos Interactive, uno dei giganti videoludici del periodo (Tomb Raider fa suonare qualche campanella?), che firmò con IO Interactive un accordo per la pubblicazione del gioco Hitman: Codename 47.
Sotto la guida di Eidos, il team danese riuscì a concentrarsi su un’esperienza di gioco che si discostasse dallo shooter tradizionale, puntando invece sulla tensione, sui ritmi e sull’utilizzo di una strategia furtiva – da cui anche la feature che consentiva di nascondere i cadaveri, trascinandoli. Il progetto, che risultava effettivamente difficile per queste sue meccaniche, vide finalmente la luce nel novembre 2000.
L’assassino silenzioso
IO Interactive tenne i suoi fari puntati con convinzione su Hitman, al punto che solamente un anno dopo annunciò Hitman 2: Silent Assassin. Il gioco arrivò a settembre 2002 e, questa volta, sbarcò non solo su PC, ma anche su Xbox e PlayStation 2.
Rilanciando l’idea del gioco precedente, uccidi l’obiettivo ma fallo sembrare un incidente, Silent Assassin ebbe un grande successo di pubblico e critica, al punto che arrivò anche su Nintendo GameCube e portò a una notevole crescita di IO, che aveva avuto bisogno di una maggior forza-lavoro per concretizzare la sua visione del gioco.
Il distaccamento ungherese e Freedom Fighters
Nel 2003, IO Interactive stava continuando ad estendersi, al punto che stabilì lo studio IO Hungary che contava su cinquanta dipendenti sottoposti a un corso di formazione che potesse portarli ai livelli professionali dei colleghi in Danimarca.
Dopo aver completato il corso, IO decise di proporre loro di unirsi direttamente al team principale, in modo che potessero essere supervisionati dai leader dello studio, e la gran parte dei cinquanta dipendenti si aggregò così alla software house principale, che continuava la sua importante crescita.
Nel frattempo, IO pubblicò sotto l’etichetta Electronic Arts il videogioco Freedom Fighters, a settembre 2003. Il gioco, uno shooter in terza persona, ottenne voti generalmente positivi dai colleghi della critica (media voto superiore a 8/10 su PC, GameCube, PS2 e Xbox), ma non ebbe mai un seguito nonostante i diversi progetti iniziali del team danese.
L’acquisizione di Eidos e il boom di Hitman
Se IO Interactive era arrivata al 2004 come software house che siglava accordi con dei partner a seconda del progetto, fu proprio in quell’anno che Eidos Interactive decise di completare l’acquisizione del team, che divenne di sua proprietà previo il pagamento di 23 milioni di sterline – circa 26 milioni di euro – in contanti e azioni, con anche 5 milioni bonus in base all’andamento dei progetti nei quattro anni successivi. All’epoca, IO Interactive contava su ben 140 dipendenti, il che la rendeva la decima software house con più personale in Europa.
Dopo questo nuovo matrimonio, si siglò anche il ritorno di Hitman, che non fu però felicissimo: era aprile 2004 quando uscì Hitman: Contracts, un progetto sviluppato in solamente nove mesi e per il quale gli sviluppatori lamentarono un malsano crunch – ossia lavoro in orari extra che ha finito con il compromettere la loro salute, la loro operatività e la loro produttività, di conseguenza. Nonostante questo, Contracts ottenne valutazioni prevalentemente positive dalla critica specializzata, che apprezzò il lavoro svolto da IO nonostante le condizioni di gestazione.
A consacrare ancora di più l’Agente 47 fu però il gioco successivo: era aprile 2006 quando arrivò sul mercato Hitman: Blood Money, ancora oggi riconosciuto come uno dei migliori episodi della serie per le meccaniche sandbox che era in grado di offrire al giocatore – davvero libero di progettare le sue strategie e i suoi piani per eliminare i bersagli in scenari sempre più popolosi e più ricchi di civili. Da allora, Blood Money è piacevolmente rimasto nei ricordi degli amanti dello stealth e dei videogiochi “intelligenti”, che costringono il giocatore a preparare un piano strategico per agire con oculatezza, piuttosto che a concedersi a un approccio à la Rambo, che non paga.
L’esperimento Kane & Lynch
Per IO Interactive era venuto il momento di tentare qualcosa di nuovo: era il 2006 quando venne annunciato Kane & Lynch: Dead Men, videogioco d’azione in terza persona che si concentrava sulla possibilità di far cooperare due giocatori, che controllavano ciascuno uno dei due protagonisti disponibili. Si trattava di un’idea molto lontana da quella sandbox di Hitman, trattandosi di un’esperienza lineare. La critica, però, fu convinta solo a metà quando il gioco arrivò nel novembre 2007.
Dopo la consegna del progetto Kane & Lynch, cinque fondatori originali del team decisero di rifondare Reto-Moto, seguiti a breve da altri sette che decisero di tornare alle origini e staccarsi da IO. Era il 2008 e IO Interactive andava incontro all’inizio di una nuova epoca, priva dei suoi padri fondatori.
Mini Ninjas e il gigante Square Enix
Nel 2009, IO Interactive vide l’uscita (sotto, ovviamente, etichetta Eidos) del suo primo videogioco dedicato a tutta la famiglia: si trattava di Mini Ninjas, progetto che puntava ad ampliare il pubblico raggiunto dal team danese, che con titoli prevalentemente stealth e action si era concentrata su un pubblico perlopiù adulto.
Nello stesso anno, però, IO era attesa da un cambiamento molto più grande: se la software house era diventata parte di Eidos Interactive, Eidos Interactive divenne parte di Square Enix. Il gigante giapponese dei videogiochi acquisì l’intera compagnia per circa 84 milioni di sterline, ribattezzandola Square Enix Europe. Fu la fine di Eidos Interactive così come era conosciuta, anche se la mossa non generò nessun licenziamento e la neonata SE Europe continuò a supervisionare tutti i team europei di proprietà di Square Enix, compresa la compagnia danese autrice di Hitman.
L’outsourcing a Shanghai
Era il 2010 quando IO Interactive diede i natali a Kane & Lynch 2: Dog Days, che come il precedente non riuscì a colpire completamente la critica specializzata. Un avvenimento molto importante in quegli anni fu, però, il fatto che la compagnia avesse iniziato a dare la realizzazione di alcuni aspetti grafici dei suoi giochi in outsourcing.
Significa, in breve, che non è più lo studio in prima persona a occuparsene, ma che questi lavori vengono affidati a terzi che compiono il lavoro in coordinazione con il team principale, pagati per la mansione, consegnandolo come richiesto. Si tratta di una pratica molto utilizzata nell’industria dei videogiochi, anche e soprattutto per la realizzazione di DLC.
Il dirigente della software house a quel punto, Niels Jørgensen, spiegò che i motivi del ricorso all’outsourcing erano i costi di vita troppo alti in Scandinavia, che portarono a cercare soluzioni più economiche, per potenziare il personale, all’assunzione e il trasferimento in Danimarca del personale. Nell’opera di outsourcing, comunque, IO volle affiancare al team cinese due rappresentanti danesi del team, con uno dei due che rimase permanentemente presso la sede orientale per aiutare nello svolgimento del lavoro.
La riorganizzazione non mancò, però, di arrivare a dei licenziamenti: era il 2010 quando IO lasciò andare prima 35 e poi 30 sviluppatori (il team era arrivato a 200 dipendenti), sembra in seguito alla cancellazione di un misterioso progetto che stava venendo sviluppato sotto l’ala protettrice di Microsoft.
L’assoluzione di Hitman
Dopo questo periodo di scossoni e acquisizioni, IO Interactive poté tornare a concentrarsi sulla saga Hitman, che vide nel 2012 la pubblicazione di Hitman: Absolution – episodio che si concentrava un po’ meno sulle meccaniche sandbox per favorire un approccio più cinematografico, che attirò nuovi fan ma correndo il rischio di far storcere il naso a quelli di lunga data. Le recensioni furono comunque estremamente positive e il gioco venne anche anticipato dallo spin-off Hitman: Sniper Challenge, in cui l’Agente 47 era chiamato a cecchinare alla distanza i suoi bersagli.
IO tentò anche la via dei videogiochi mobile quando, nel 2012, fondò la divisione Hapti.co presso Copenhagen. In seguito, comunque, questo team venne venduto a Wargaming Mobile e da allora è di sua proprietà.
Hitman a episodi e i licenziamenti di massa
Il 2013 è stato un anno complicato per IO Interactive: Square Enix decise infatti di licenziare ben 70 membri del team, circa la metà degli effettivi rimasti presso il team. I progetti futuri erano chiari: IO Interactive, da quel punto in poi, avrebbe lavorato al solo Hitman. Affidato alla guida di Hannes Seifert, il team annunciò all’E3 2015 i lavori su Hitman, un nuovo episodio reboot della serie che sarebbe stato pubblicato a marzo 2016, ma con un’uscita episodica.
La formula spaventò molti fan, ma effettivamente la struttura di gioco funzionava e proponeva la miglior formula sandbox mai proposta dal franchise fino ad allora. In ampi scenari popolati da tantissimi NPC, il giocatore doveva completare i suoi contratti e aveva anche la libertà di crearne di suoi, condividendoli online affinché altri utenti potessero affrontare la sfida (una meccanica già lanciata nel precedente Absolution).
A fine 2016, con i lavori sugli episodi di Hitman, IO Interactive aveva raggiunto la soglia di 170 dipendenti, il che ne faceva la software house più grande della Danimarca.
L’atto finale: la nuova indipendenza
Non c’è pace, a quanto pare, nell’organizzazione dei piani alti di IO Interactive, che vide nel febbraio 2017 l’addio di Seifert e la guida passare in mano ad Hakan B. Abrak – attualmente a capo della software house danese.
Era però solo la prima delle mosse e delle grandi manovre che attendevano IO in quell’anno cruciale per la sua esistenza: a maggio Square Enix decise di interrompere la partnership con lo studio e rivelò di essere aperta a offerte da altri publisher per l’acquisizione della software house.
Le domande invasero la testa dei fan: cosa sarebbe successo a IO? Cosa a Hitman? Se qualcuno avesse comprato il team, sarebbe stato anche proprietario della saga o questa sarebbe rimasto di diritto a Square Enix, che aveva pagato profumatamente per avere le proprietà intellettuali del team danese? Mentre IO, sospesi i fondi per finanziarla, si trovò costretta a tagliare personale, era giugno 2017 quando il team annunciò di essersi comprato da solo.
In una manovra nota come “management buyout”, i dirigenti di IO Interactive investirono i loro soldi per acquistare la software house, rendendola indipendente da Square Enix e da qualsiasi altro publisher ne stesse valutando l’acquisizione. Con la software house, vennero acquistare anche le proprietà intellettuali di Hitman e Freedom Fighters, mentre Kane & Lynch e Mini Ninjas rimasero in mano a Square Enix.
Le parole di Yosuke Matsuda, presidente di Square Enix, sono state estremamente rassicuranti in merito al divorzio con IO Interactive (con la compagnia giapponese che non pensava avesse senso tenersi Hitman togliendo la saga dalle mani dei suoi amati autori) e anche IO stessa ha sempre parlato positivamente del supporto di Square Enix, il che ci lascia capire che, per quanto ci è dato sapere, l’addio sia stato puramente economico e non ci siano stati attriti veri e propri tra le due parti.
Il ritorno di 47 in Hitman 2
Finalmente, con l’acquisizione di se stessa, IO Interactive poté trovare nuova stabilità. Stabilità che le serviva come il pane perché, mentre si consumavano le trattative con Square Enix, erano già in corso i lavori su Hitman 2.
Il nuovo videogioco dedicato all’Agente 47, seconda stagione delle vicende cominciate nel precedente Hitman, visse tra lavori in corso e licenziamenti che, come spiegato dai dirigenti, furono purtroppo irrinunciabili per garantire la sopravvivenza dello studio di sviluppo.
Le difficoltà compattarono IO Interactive che, uscito nel novembre 2018 con una release non-episodica e affiancata dal publisher Warner Bros. Interactive per l’occasione, venne accolto con ottimi voti dalla critica, che apprezzò pienamente la benedizione delle meccaniche sandbox data dai designer – che sfidavano i giocatori in scenari sempre più ricchi di dettagli da scoprire e sfruttare a proprio vantaggio.
Lo studio di Malmö e il futuro di IO
Da questo punto in poi, la storia è tutta da scrivere: IO Interactive sta collaborando proprio con Warner Bros. Interactive per la sua saga Hitman, come la recente Hitman HD Enhanced Collection che include i rifacimenti in 4K e 60 fps di Hitman Blood Money e Hitman Absolution, ma rimane indipendente.
Nel frattempo, la compagnia ha deciso di ampliarsi con un nuovo studio sussidiario locato a Malmö, a conferma della sua volontà di investire, assumere e continuare a portare avanti i suoi progetti – con la personalità che ha sempre contraddistinto le produzioni IO.
Buon lavoro, IO, lunga vita a IO.