«Non ero così carica a pallettoni da quella volta in cui una certa Meryl Silverburgh, in un certo Metal Gear Solid 4, respingeva un esercito avendo già preso addosso sei proiettili.»
Ho scritto così, qualche giorno fa, a un’amica, commentando il finale dell’episodio 3 di Game of Thrones 8. L’episodio in sé, per me, rispetto a come è stato annunciato, ha avuto delle mancanze, ma il modo in cui è stato chiuso, ciò a cui ha portato lo splendido montaggio sonoro, è senza ombra di dubbio la cosa più emozionante che abbia visto nella serie HBO da quando il mio ex compagno mi convinse, preziosamente e pazientemente, a seguirla, assicurandomi che “secondo me ti piacerà”.
Quanto segue contiene pesanti spoiler da Game of Thrones 8×03. Non leggete se non volete anticipazioni!
Lo so che, questa volta, non sto parlando di videogiochi, ma dopotutto il titolo del blog dice “videogiochi, cose belle e cose bellissime”. E, in aggiunta, quello di cui voglio parlare è così strettamente legato al mio modo di analizzare i titoli, nella sottosezione “Eroine”, che erano ormai due giorni che ho pensato di buttare giù qualcosa.
Quando ho scritto quelle parole alla mia amica che stava per vedere l’episodio e voleva le mie impressioni, e che mi conosce oramai come il palmo della sua mano, mi ha risposto «deve essere per qualcosa legato ad Arya».

Arya bambina con suo padre, Lord Ned Stark
Questo significa che sono prevedibile, prima di tutto: c’è un tipo di personaggio femminile che, di solito, mi fa innamorare, ed è quello che non si accontenta di sbancare il tavolo, ma che lo ribalta. In quest’ottica, ad esempio, amo molto il personaggio di Sansa Stark nella sua evoluzione: con la sua sola forza e la sua intelligenza, la Lady di Grande Inverno si è ripresa tutto quello che era suo, sopravvivendo, perseverando, aspettando. Riservando l’affetto a chi lo meritava davvero e di più e sapendo perfettamente cosa fare, e quando, con tutti gli altri.
Per Arya, il discorso è diverso: la questione parte da molto più lontano e culmina nel fatto che, sul finire dell’episodio 3 di Game of Thrones 8, sia stata l’unica a riuscire ad avvicinarsi al Re della Notte e, al costo di farsi quasi ammazzare lei stessa, a ucciderlo.
https://twitter.com/starkhanesi/status/1106958902703386624
Non sono sbagliata io: sono sbagliate le regole
Mentre il mondo intero si aspettava, come ammesso anche dal cast (lo leggerete in un articolo a mia firma in uscita su MondoFox.it), che lo scontro finale del Re della Notte coinvolgesse Jon Snow, il giovane Re del Nord non è nemmeno riuscito ad avvicinarsi al condottiero della Morte. L’epico scontro che tutti si aspettavano non ci sarà mai, perché la questione è stata chiusa da una ragazzetta di quarantacinque chili che, mentre tutti erano impegnati nel loro percorso, si addestrava per riscattare il suo trauma: la morte di suo padre, di sua madre, di suo fratello Robb, la caduta della sua famiglia.
Arya è una ragazzetta di quarantacinque chili, lo dice perfino Maisie Williams (sì, dichiarazioni sempre nell’articolo in uscita, ndr), ma è un’assassina letale, silenziosa, sufficientemente fuori di testa e abile da poter fare tutto. E lo abbiamo visto in scena.

Con il mio grande ottimismo, e visti i precedenti degli Stark nella serie, ditemi che non sono l’unica che ha pensato a questo punto che il Re della Notte le avrebbe staccato la testa…
Sono una di quelle femministe che non urlano “prima noi, prima noi”, come qualcuno crede: sono di quelle femministe che urlano “anche noi, anche noi”. Arya, questo anche noi, lo incarna in maniera straordinaria.
La bambina vista nella prima stagione era tutta sbagliata. Ned Stark, il suo amorevole padre, le raccontava che sarebbe diventata una brava moglie, avrebbe avuto gli splendidi eredi di qualche principe. Lei rispondeva no. Perché no, non è questo quello che voglio. Arya vuole imparare a combattere, ma “quella è una cosa che fanno i bambini maschi”. La sua reazione? E chissenefrega.

That’s my girl.
Si addestra da sola, un po’ per gioco un po’ prendendosi sul serio, per quanto possa prendersi sul serio una bambina, fino a quando non tira con l’arco colpendo il centro del bersaglio. A sua sorella Sansa, Arya racconterà:
Sapevo che quello che stavo facendo era contro le regole, ma Papà stava sorridendo. A quel punto, seppi che quello che stavo facendo non era così sbagliato. Le regole, erano sbagliate.
A suo padre, Arya rispondeva di non voler essere affatto una lady. Non che volesse essere qualcosa in particolare, a parte il fatto di voler combattere. Voleva solo poter scegliere, tutto qui.
Alla fine, lo riconobbe perfino suo padre. E il fatto che Arya sia stata fin dal primo momento quel maschiaccio così sbagliato, quella ragazzina fuori posto che mette in imbarazzo con i suoi modi errati, le ha consentito di addestrarsi davvero, di dedicare la sua intera vita a questa vocazione. Per arrivare, nell’atto finale dell’episodio 3 di Game of Thrones 8, a essere l’unica che è riuscita a uccidere il Re della Notte prima dell’irreparabile.
Nel primo volume di Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, George R. R. Martin ce la presenta così, il che riassume tutto:
Tutti storti.
I punti del suo ricamo erano un disastro, di nuovo.
Arya li osservò con occhio critico, corrugando la fronte. Lanciò un’occhiata a Sansa, circondata dalle altre ragazze. Il ricamo di sua sorella era splendido, lo dicevano tutti. «I suoi ricami sono deliziosi quanto lei» aveva detto una volta septa Mordane alla lady loro madre. «Sansa ha mani così precise, delicate.» Lady Catelyn aveva chiesto anche di Arya, al che la septa aveva fatto una smorfia: «Arya? La delicatezza di un fabbro ferraio».
Il coraggio di scriverlo
Non capita spesso che un personaggio femminile, che non è neanche il “protagonista centrale” della vicenda (è palese che i due siano, nell’ordine, Jon Snow e Daenerys Targaryen, per ammissione degli stessi sceneggiatori), abbia un riconoscimento così importante, in un’opera mediale. Non facciamone una questione di puro femminismo, sto parlando di un dato di fatto: qualsiasi cosa succeda ora con Cersei, non cambia il fatto che il gesto compiuto da Arya è quello che salva il mondo. Il fatto che quest’opera seguita da milioni di persone risolve l’intreccio del rischio del Re della Notte dicendoci che i più grandi condottieri hanno cercato di fermarlo, alcuni sono caduti, ma alla fine – anche, sicuramente, grazie a loro, come il Mastino e Beric Dondarrion – lo ha ucciso Arya.
Trovo che sia straordinariamente di ispirazione, in tutta la semplicità del suo messaggio: Arya arriva a salvare tutti solo perché è stata quello che voleva essere e non quello che le era stato già disegnato addosso, essendo nata come una lady di una casata nobile. Non so se arriverà viva fino all’epilogo – il bravo sceneggiatore sa sempre quando tagliare fuori il suo personaggio e, a volte, questo “quando” corrisponde al suo culmine positivo – ma so che il gesto compiuto da questo personaggio fa passare un messaggio che chiude il suo cerchio e che sa ispirare. Le persone vere. Da questa parte del monitor.
Da brava fanatica, mi rimanda un po’ a Metal Gear Solid 2, a quel suo conclusivo sei quello che sei, e qualsiasi cosa tu scelga di essere, «sarai tu». Il che è esattamente quello che ha fatto Arya. E ora quel “tu” è “quella che ha messo fine a tutto questo”. Mica male, essere libera di essere quello che sono, no?
Come detto in apertura, ci sono diverse cose che non mi sono piaciute nell’episodio. Ma investire Arya di questa responsabilità, facendo improvvisamente quadrare tutto il suo percorso, questo è stato come l’ha definito proprio Maisie Williams: poetico. Questa, per me, è stata grande e soprattutto coraggiosa scrittura.
https://captainpoe.tumblr.com/post/184519894489/arya-starks-day
Ho amato subito il personaggio di Arya Stark leggendo il primo volume della saga, e ancor più ho amato il suo primo maestro d’armi, il braavosiano Syrio Forel, l’unico che riesce a vedere Arya per quello che è.