Questo articolo riflette sulle tematiche di Firewatch. Contiene spoiler, per cui vi consiglio di leggerlo solo dopo aver completato il gioco.
Se c’è una cosa che le persone amano dei videogiochi, quello è il totale escapismo che possono garantire: ti consentono di essere un’altra persona, non importa se un soldato d’élite, un eroe, un fuorilegge, una spia, un drago o magari un ammazza-draghi, va bene tutto. Finché il gioco non arriva alla sua conclusione, sarai qualcun altro, lontanissimo dalla tua vita reale.
Ebbene, Firewatch non fa niente di tutto questo. E non vuole farlo.
Firewatch è un videogioco sull’essere umani, e nient’altro. Per quanto semplice possa sembrare, questo concetto ha consentito al team di Campo Santo di farti sentire completamente coinvolto nella vita di Henry. Esattamente: la vita di Henry, non la tua. Nel corso del gioco, sentirai per tutto il tempo di essere Henry, ma non lo sarai. Piuttosto, sarai con Henry, che è parecchio diverso.
Ti ritroverai nella torre nel bel mezzo della natura selvaggia del Wyoming, tutto solo con te stesso, a passare il tuo tempo con Henry e con la sua fuga dalla vita di tutti i giorni — dai fallimenti, di tutti i giorni. Dalla malattia di sua moglie che ha spazzato via tutti i loro progetti, tutti i loro sogni. Tutto ciò che gli rimane, è quella torre da guardia bosco, insieme ad un’estate da trascorrere in cerca di nuova forza per affrontare la vita.
All’inizio, sembra tutto pacifico: con voi ci sarà anche una donna — o, per meglio dire, lei si trova in un’altra torre. I dialoghi tra lei ed Henry sono eccellenti e davvero ben scritti, al punto che comincerete a conoscerla, parola dopo parola, anche se non la incontrerete mai. A breve inizierete ad identificarla con la vostra radio, come se fosse davvero nel walkie talkie che vi accompagna, che vi consente di sentire la sua voce, di parlarle — di non essere soli. “C’è qualcosa che non quadra? Meglio dirlo a lei. Ho notato qualcosa! Dovrei dirlo a Dalilah!”
Vi farà sentire sicuri e passerete gran parte del tempo a cercare di contattarla, a cercare il suo appoggio.
Ad un certo punto, accadrà qualcosa di terribile.
L’umore, la pace, l’atmosfera — tutto svanito in un secondo. Mentre, all’inizio del gioco, impegnati a sgridare delle ragazzine vandale che se ne andavano per la riserva naturale, ci sentivamo forti, ora siamo prede. Tutte quelle lande pacifiche cominciano a sembrare ostili, inquietanti, sinistre. Ogni ombra rischia di spaventarvi a morte. Ogni volta che la colonna sonora comincia ad accompagnarvi, avete la sensazione che stia per succedere qualcosa di terribile.
Siamo dentro un videogioco, è vero, ma il fatto è che non sei un eroe, un soldato, niente del genere. Sei solo un infelice uomo sposato. Henry, lo è. Non hai modo di difenderti, se davvero qualcosa stesse venendo a prenderti. Così, quella trama che doveva parlare del tentativo di dimenticare un trauma, diventa una storia su ciò che provi in compagnia della solitudine.
Tutti abbiamo bisogno di qualcuno. E Firewatch lo dice con modi tutti suoi. Pensiamo, ad esempio, al momento in cui devi andartene in giro di notte, completamente da solo, nei boschi e nel buio, con la radio disattivata. Sei completamente da solo e non hai idea di cosa ti stia dando la caccia. Nemmeno Dalilah può più assisterti, senza radio. Si, è vero, è sempre e solo una voce alla radio, ma ne ho bisogno. Ho bisogno di sapere che non sono completamente solo, qui fuori, abbandonato a me stesso. Dalilah non può aiutarmi, ma non voglio affrontare questa cosa, qualsiasi cosa sia, da solo.
Ti ritroverai spaventato a morte. Ecco cosa fa la solitudine agli esseri umani.
Quando sei corroso dalla solitudine, perfino una recinzione non prevista dalla mappa diventa qualcosa di spaventoso. Cosa nasconde? Perché è lì? Cosa non vogliono che veda? Chi, non vuole che lo veda?
Nei videogiochi, ci introduciamo furtivamente in così tanti posti che scassinare è diventato un tormentone e, spesso, un’abilità da sviluppare. Ma non qui. Non in Firewatch. Qui è tutto diverso. Quando stai cercando di capire che cosa diavolo stia rendendo la foresta così inquietante, ti introdurrai in un’area riservata, e ti sentirai in modo agghiacciante per averlo fatto. Ogni minimo angolo sembrerà nascondere qualcosa di letale. Ti senti occhi e respiri addosso. Non li vedi, ti aspetti che saltino fuori, devono esserci. Sicuramente sanno che sono qui, come farò a salvarmi? Dio, perché mi sono cacciato in tutto questo?
Si tratta solo di un videogioco, sì, lo stesso medium in cui uccidi terroristi e potenti nemici malvagi, ma non qui. Non in Firewatch. Perché, in caso non l’avessi capito, qui sei solo un essere umano. Mentre sei a caccia di prove e ti rendi conto che il tuo spaventoso nemici sta anche intercettando le conversazioni radio tra te e Dalilah, ti senti nudo. Ti senti nudo quando il gioco ti dice di correre via, verso la tua torre che non riesci più neanche a trovare perché, maledizione, sto tremando e dove cazzo era quel cancello che ho forzato per entrare qui?
Corri verso la tua torre per sentirti sicuro, nascosto nel bel mezzo del nulla, ma non hai più luoghi in cui celarti mentre, quando in piena notte sei a caccia di ulteriori indizi, Delilah ti contatta alla radio per dirti che ti vede nella tua torre, con la luce accesa, indaffarato. Peccato che tu sia in giro per i boschi.
Il brivido è gelido. Cominci a correre verso la torre, di nuovo, daccapo — cazzo, è mai possibile che continui a perdermi quando ho paura? Dove diavolo era la mia torre? — ma, quando arrivi, non c’è nessuno. Solo tu.
E la tua solitudine, di nuovo.
Henry è venuto in questi boschi in cerca di pace e solitudine. Troverà solamente la seconda.
Arrivati alla fine del gioco, vi porrete sicuramente in attesa di scoprire il terribile segreto della foresta. Chi ha reso quest’estate nel Wyoming un inferno? A quel punto, ti aspetti di tutto: la CIA, la NASA, gli alieni, qualche scienziato che sta conducendo inquietanti esperimenti — tutto. Ma il punto è che questo è un gioco che parla di esseri umani. Quelli semplici, non quelli impavidi.
L’illuminante colpo di scena finale che stavi aspettando non è per niente come lo avevi immaginato. Tutto si è originato a causa di un vecchio errore sul quale Henry non ha nessun potere. Hai provato ad affrontare tutto, i suoi strascichi che pesano purtroppo su di te, insieme a Dalilah, quella rassicurante voce che tremava insieme a te, ma anche lei è un essere umano. E, in quanto tale, prenderà per sé le sue decisioni. Chissenefrega di cosa provi per lei.
Beh, se fossi nei suoi panni, direi a Dalilah che mi sono innamorato di lei, scrive qualcuno parlando del gioco nei forum. Interessante, ma non sei nei suoi panni, la decisione spetta a Henry e a Dalilah. Tu non hai fatto altro che stare con loro, che guardarli. E se alla fine il tizio inquietante che li spiava fossi tu?
Volevo davvero incontrarla. Beh, non si può. Quindi non c’è nessun grosso segreto? Nessuna cospirazione? Ma di che diavolo parla questo gioco?
Firewatch non consente di fare delle scelte perché è una storia che parla della vita. Ma non della tua. Parla della nostra specie e delle nostre vulnerabilità. Di quella forza toccante che dobbiamo ritrovare, di tanto in tanto, per alleviare la solitudine delle persone che amiamo. A volte, semplicemente la nostra.
Quest’articolo è comparso prima su StefaniaSperandio.com.